Le origini della musica indiana si perdono nei millenni, intrecciandosi con le radici più profonde della cultura del subcontinente. La musica in India non è solo espressione artistica, ma elemento fondante della spiritualità, della filosofia e della vita quotidiana.
Già nei Veda — i testi sacri più antichi dell’induismo risalenti a oltre 3.000 anni fa — si trovano riferimenti a pratiche musicali, inni e formule sonore (mantra) che venivano tramandate oralmente. La musica vedica rappresenta dunque la prima forma strutturata di arte musicale indiana, caratterizzata da una funzione sacrale e meditativa.
Nel corso dei secoli, la musica si è evoluta in forme sempre più complesse, dando origine a due grandi tradizioni:
La tradizione hindustani ha subito l’influenza delle culture persiane, arabe e centroasiatiche a seguito dell’invasione musulmana del Nord India, sviluppando un’estetica sofisticata e un ricco repertorio di raga (modi melodici) e tala (cicli ritmici), ancora oggi alla base dell’insegnamento e della performance musicale.
Questa musica non è pensata per l’intrattenimento immediato, ma per accompagnare stati interiori, meditazione, devozione e ricerca del sublime. Ogni raga è associato a momenti della giornata, stagioni o stati d’animo, e l’improvvisazione gioca un ruolo centrale nella sua esecuzione.
Accanto alla nozione di Raga, l’altro aspetto fondamentale della musica indiana è appunto il Tala, che rappresenta il modello ritmico a carattere ciclico all’interno del quale si sviluppa l’intera struttura musicale. Tale ciclo ritmico può essere configurato in differenti forme metriche, quali ad esempio nel sistema Hindustani del Nord India il Tin Tal (in 16 misure) o Jhap Tal (10 misure) Rupak Tal (7 misure).
La concezione indiana del ritmo è essenzialmente diversa, e per certi versi opposta, a quella occidentale. Infatti, contrariamente alla linearità ritmica che caratterizza la musica occidentale, la musica indiana ha sviluppato fin dall’antichità una visione ciclica del ritmo, per cui le varie strutture ritmico-metriche sono concepite per ripetersi in modo continuo, seppur attraverso numerosissime e complesse varianti.
Il termine TALA designa quindi più propriamente il “ciclo ritmico” e non semplicemente il ritmo. In questa particolare concezione non possiamo non scorgere nella sua evidenza quello stretto rapporto tra la musica e i tratti tipici della metafisica indiana.
Il Raga può essere eseguito in differenti composizioni basate nei differenti Tala, scelti solitamente dal solista, che sceglie prima del concerto il Raga da eseguire e anche il Tala su cui verrà sviluppata la composizione melodica. Una prima composizione melodica normalmente viene prima eseguita in un tempo lento o medio (vilambit o madhya laya), successivamente seguita da una seconda composizione veloce (drut laya) che di solito si conclude in un crescendo finale, noto come Jhala.
La maggior parte dell’esecuzione del Raga viene improvvisata al momento dal musicista, anche se vengono rigorosamente rispettate le regole fondamentali del Raga e del Tala prescelti. Anche i Tabla partecipano all’improvvisazione musicale, in particolare quando la melodia della composizione musicale viene ripetuta dallo strumento solista
Fin dall’inizio dell’800, facente l’India parte dell’Impero Britannico, ha avuto luogo una prima vera e propria contaminazione culturale che da Oriente verso Occidente ha profondamente influenzato e stimolato la cultura europea, dapprima in ambito linguistico, filologico e filosofico, successivamente, a partire dagli inizi del’ 900 anche in ambito artistico e musicale.
La scoperta di un sistema musicale altrettanto ricco, complesso ed elaborato quanto quello occidentale, pur essendo nelle sue fondamenta in totale contrapposizione ad esso, in quanto fondato sull’aspetto modale anziché su quello armonico, ha stimolato la creatività di numerosi musicisti e compositori occidentali.
Inoltre la consapevolezza che, come in molte altre culture, la musica è strettamente correlata al linguaggio del mito, del racconto e della poesia ha stimolato ulteriormente i ricercatori occidentali. In India in effetti, fin dal suo nascere, la musica è stata intesa come strettamente collegata a una emanazione di una realtà trascendentale e, in qualità di forma artistica in senso stretto, come intrinsecamente legata alla danza e al teatro ovvero alla recitazione scenica e al racconto, fosse questo mitologico, religioso o profano.
Alcuni principi fondamentali della musica indiana contemporanea, quali il concetto di rasa (sapore, emozione, stato d’animo) sono già codificati nel principale trattato di drammaturgia indiana, il Bharata Natya Shastra, che dedica intere sezioni alla musica vocale e strumentale destinata all’accompagnamento degli spettacoli teatrali.
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